Chef per Passione

La Carne “ROSSA”

LA CARNE

Il consumo della carne accompagna l’uomo dai tempi più remoti. Dapprima si trattò esclusivamente  di selvaggina, ossia di animali catturati e uccisi nelle battute di caccia, la cui carne andava ad arricchire una dieta costituita per lo più da cereali, legumi e vegetali. In seguito allo sviluppo dell’allevamento, si passò poi al consumo delle carni di animali addomesticati, tra i quali gli ovini e i bovini. Il consumo di carne nei paesi mediterranei almeno fino ai tempi dell’Impero Romano il consumo della carne era limitato per lo più a selvaggina. Con il declino dell’Impero Romano e il conseguente arrivo dei Barbari nella nostra penisola si impose maggiormente un’alimentazione caratterizzata da carne. Da allora questo alimento ha conosciuto consumi alterni, venendo spesso bandito dalle tavole per motivi religiosi, sociali o ideologici (come ad esempio nel Medioevo, quando fu introdotta la regola del mangiare “magro” o come avviene tutt’ora con il vegetarianismo fondato su questioni etiche), o venendo tacciato di essere dannoso alla salute sulla base di principi dietetici, ma venendo anche giustamente elogiato per il suo elevato apporto nutrizionale, che lo rende un alimento fondamentale all’interno di una dieta completa ed equilibrata. Comunque anche nei periodi di maggior fortuna la carne è rimasta  sempre una prerogativa delle classi più alte della popolazione. Dall’epoca dei castelli e delle corti, in cui i nobili banchettavano con arrosti di ogni tipo mentre la plebe poteva permettersi un pezzo di carne solo nei giorni di festa, fino a qualche decennio fa, quando nel secondo dopoguerra, la nuova prosperità economica e il benessere diffuso fecero registrare in Italia un massiccio incremento del consumo di carne ed in particolare di quella bovina. Ancora oggi è la carne di bovino adulto la tipologia di carne rossa più consumata. La categoria delle carni rosse, infatti, comprende, oltre alla carne di manzo, quella degli ovini e dei caprini adulti (castrato, pecora, montone e capra), la carne equina (cavallo e asino) e lo struzzo, ovvero carni ben presenti (a parte lo struzzo) nella cucina regionale di molte zone d’Italia, ma che non hanno mai registrato, a livello nazionale un forte consumo.

MANZO

La carne di manzo contiene un’elevata percentuale di proteine che si caratterizzano per un notevole valore biologico in quanto ricche di tutti gli aminoacidi essenziali. Abbondanti sono anche le sostanze minerali, tra le quali prevale il ferro che rende questo alimento particolarmente indicato per la prevenzione della cura dell’anemia. Saporita e nutriente, protagonista di grigliate e barbecue e di moltissime ricette classiche e regionali, con arrosti, stracotti, brasati, bolliti ecc. ecc. La carne di manzo è da sempre la carne rossa più nota ed utilizzata in cucina.  Un tempo con il termine “Manzo” si indicava il bovino maschio macellato tra i 3 e i 4 anni o la femmina fino ai 3 anni che non avesse mai partorito e non fosse gravida. Completavano le carni bovine il vitello (nutrito solo a latte con un peso massimo di 300 kg) ed il vitellone (maschio o femmina che non avesse partorito, di età compresa tra i 18 mesi e i 2 anni), il bue (maschio castrato dai 4 anni in su), la vacca (femmina dai 3 anni in su che avesse partorito o che si trovasse oltre il 6°mese di gravidanza) e il toro (maschio integro dai 2 anni in su che fosse stato adibito alla monta). Oggi la normativa distingue la carne bovina in vitello da una parte (che rientra nelle carni bianche) e in bovino adulto dall’altra e il termine “Manzo” sopravvive solo in gastronomia per indicare in generale la carne rossa bovina più o meno matura.

LA SCELTA

Le razze bovine possono essere da latte o da carne e poiché gli animali che producono poco latte hanno carni più pregiate, le seconde sono in generale da preferire alle prime. Tra le razze da carne italiane le più pregiate sono la Chianina, la Marchigiana, la Piemontese e la Romagnola. La carne di buona qualità ha una giusta proporzione di parte magra e grassa, polpa di colore rosso scuro e grasso di colore bianco candido, senza parti scure e con un odore gradevole.

DOSI

Poiché in cottura la carne perde una parte del peso iniziale, per brasati, stufati e spezzatini la dose da calcolare (salvo diversa indicazione prevista dalle ricette) è di 150-200 gr a persona (250 gr con l’osso); per fettine e bistecche è di 120-150 gr, mentre se si tratta di filetto la quantità varia tra 120 e 180 gr.

CONSERVAZIONE

Acquistata a pezzo intero, la carne si conserva (in sacchetti o in vaschette) nella parte più fredda del frigo per 2-3 giorni e nel congelatore fino a 6 mesi, mentre per le fettine la carne tritata il tempo si riduce a un massimo di 2 giorni in frigo e di 3 mesi nel congelatore.

TAGLI E DENOMINAZIONI

L’animale macellato viene diviso in 2 mezzene con sezionatura lungo la colonna vertebrale; da ciascuna mezzena si ricavano i quarti (anteriori e posteriore) sezionando la carcassa tra la 6^ e la 7^ costola. I quarti anteriori e posteriori sono sezionati in pezzature più piccole, dette “tagli”, che a loro volta, in base alla posizione in cui si trovano, si dividono in tagli esterni e interni.

I tagli del manzo di dividono in tre categorie: quelli di 1^categoria, localizzati nel quarto posteriore, son in genere adatti a cotture arrosto, in padella e alla griglia; quelli di 2^ categoria, localizzati nella zona costale e nella parte inferiore della coscia, sono adatti a cotture arrosto e in umido; quelli di 3^categoria, che corrispondono alla pancia, al petto e al collo, sono adatti a cotture bollite e in salsa.

  • Lombata: Si può suddividere in lombata propriamente detta (corrispondente alla parte posteriore, detta anche lombo, controfiletto) e in costata (corrispondente alla parte anteriore, detta anche costola o trinca). Venduta con o senza l’osso, ha carne tenera che si presenta in particolare alla cottura in padella o alla griglia. Tagliata a fette con l’osso forma le costate e senza osso le bistecche; intera e disossata si usa per il roast beef.

  • Filetto: Magro e tenerissimo, si usa da solo (intero o a fette) oppure unito alla lombata nelle “bistecche alla fiorentina”. Dalla parte più vicina alla coscia  si ricavano le “bistecche di filetto” e le bistecche alla tartara; da quella centrale le grandi Chateaubriand o i turnedos e dalla coda i filet mignon, destinati a una rapida cottura alla griglia, al forno o in padella. Tagliato a fette sottilissime si può consumare crudo, in carpaccio.
  • Fesa (o rosa, o scannello): Ha carne tenera e piuttosto magra, che si presta a diverse preparazioni ma che in genere viene utilizzata per roast beef, bistecche, scaloppine, spiedini e carne alla tartara.
  • Noce (o tracoscio, o soccoscio): Magra senza scarti, si presta agli stessi usi indicati per la fesa.
  • Fianchetto: Spesso accorpato alla noce o allo scamone, si usa in genere per bolliti e macinati.
  • Scamone (o pezza, o culaccio): Tagliato a fettine si cuoce in padella, intero in arrosti, stufati, stracotti e bolliti.
  • Sottofesa (o controgirello): Si utilizza per le classiche “fettine” o, nella parte inferiore, per brasati, stracotti e bolliti.
  • Girello (o magatello): Detto anche lacerto, è indicato per cottura lente e prolungate.
  • Campanello (o pesce): Ricco di tessuto connettivo, si utilizza per stufati, brasati e spezzatini.
  • Muscolo (o garetto): Ricco di tessuto connettivo, richiede una cottura lenta, in umido o bollita.
  • Copertina di sotto: Detta anche traversino, richiede una cottura lenta.
  • Fesone di spalla: Viene utilizzato per bistecche, scaloppe e per la carne tritata.
  • Copertina (o cappello del prete): Si presta a stracotti e bolliti.
  • Girello di spalla (o fusello): Detto anche “falso filetto”, si presta alle stesse cotture indicate per il muscolo.
  • Polpa di spalla (o brione): Richiede cotture lente e in umido.
  • Collo: Poco tenero, è adatto per bolliti, spezzatini e macinati.
  • Costate (o braciole): Taglio del quarto anteriore adatto a cotture in umido e alla griglia.
  • Pancia: di scarso valore gastronomico, è destinata a bolliti e macinati.
  • Petto: Diviso in fiocco (parte anteriore) e in punta di petto, si presta a preparazioni che prevedono cotture lente, tra cui bolliti.
  • Sottospalla: Di scarso valore gastronomico, si usa per cotture in umido.
  • Reale: Spesso accorpato a petto, pancia e sottospalla, si usa per bolliti, umidi e stracotti.
  • Le frattaglie: Sono parti economiche e gustose (lingua, fegato, trippa, cuore e rognone) sono protagoniste di molti piatti della tradizione gastronomica italiana. Come tutte le frattaglie, vanno consumate freschissime.
  • Coda: Economica e molto saporita, viene venduta già spellata. Una volta tagliata a pezzi, la si fa spurgare per 2 ore in acqua fredda, quindi la si cuoce per 10 minuti in acqua bollente salata e aromatizzata prima di cucinarla come previsto dalla ricetta.

PREPARAZIONI PER LA COTTURA

A seconda del metodo di cottura che si utilizza, i grandi tagli di carne possono necessitare di alcune operazioni, tese a ridurne le dimensioni, a tritarli, oppure a eliminare grasso, ossi o tessuto connettivo.

  • Bardatura: I pezzi di carne troppo magri prima di essere  arrostiti vengono spesso rivestiti con sottili fette di lardo, di pancetta tesa o di prosciutto ricco di grasso, le quali, sciogliendosi durante la cottura, consentono alla carne di mantenersi morbida. I resti della bardatura ( che viene fissata al pezzo di carne con qualche giro di rete da cucina) vanno poi asportati poco prima del temine della cottura in modo che la carne possa dorarsi in modo uniforme.
  • Lardellatura: Per mantenere la carne morbida durante la cottura, si può anche lardellare, ovvero introdurvi liste di lardo, di pancetta o di prosciutto grasso (i cosiddetti “lardelli”). Per effettuare tale operazione si utilizza l’apposito strumento chiamato “ago lardellatore”.
  • Legatura: Per rendere regolare la forma ad un pezzo di carne, per fissarvi la bardatura o per far si  che rimanga perfettamente in forma durante la cottura, occorre legarlo con refe da cucina, passando quest’ultimo intorno alla carne come si fa per il salame per fermarlo infine con un nodo.
  • Tritatura: Per evitare il rischio di acquistare carne tritata che comprenda parti di scarto o di terza categoria, si può acquistare un pezzo di carne intero e farlo tritare al momento dal macellaio, oppure tritarlo in casa con il tritacarne o a mano. L’operazione manuale si esegue alzando e abbassando con movimenti alternati delle due mani due coltelli robusti e ben affilati sulla carne ridotta a dadini sopra un tagliere, fino a ottenere il gradi di tritatura desiderato. Se si prevede di servirla cruda, prima di tritare la carne occorre privarla con un coltello ben affilato dal grasso e del tessuto connettivo.
  • Farcitura: Si possono farcire grossi tagli di carne interi e disossati ( in genere la pancia, la punta di petto e il fiocco), polpettoni di carne tritata e involtini. Nel primo caso, la carne può venire aperta a formare un a grossa fetta, farcita e arrotolata, oppure si può aprire una tasca, con un coltello ben affilato, nella parte più larga  e alta del pezzo di carne introdurvi il ripieno e richiudere i lembi con refe da cucina.
  • Disossatura: I tagli più grossi vengono in genere disossati, a richiesta, dal macellaio con un’operazione, che non è particolarmente difficile ma richiede comunque una certa pratica. Per i tagli più piccoli come le costate, invece, l’operazione con cui si separa la carne dall’osso  è più semplice e richiede soltanto un po’ di pazienza e un coltello ben affilato o, meglio ancora, l’apposito attrezzo denominato “scortichino”, consiste in un coltellino dotato di lama affilatissima e molto stretta.

COTTURA

La carne di manzo può essere arrostita, bollita, cotta in umido, in padella, alla griglia e fritta. Come regola generale, si può affermare che andrebbe sempre cotta al sangue, tranne nei casi dei cosiddetti “arrosti morti” (la cui cottura inizia con la rosolatura, come nel caso di un normale arrosto, ma prosegue con l’aggiunta di liquidi come nella cottura in umido).

  • Arrosto: L’arrosto di manzo si può preparare allo spiedo, oppure in tegame, al forno o sul fornello. Nel primo caso la carne (dopo essere stata marinata, o bardata, o lardellata e in genere legata) viene infilzata con lo spiedo al centro del suo spessore, fermato con gli appositi morsi e messa a cuocere nel forno o al girarrosto per circa 30 minuti per ogni Kg di carne (a seconda che la si preferisca più o meno al sangue). A 2/3 della cottura si toglie l’eventuale bardatura al pezzo di carne in modo che possa dorare uniformemente. Nel caso dell’arrosto in tegame, la carne (eventualmente legata, bardata o lardellata) vieni dapprima fatta rosolare nel tegame sul fornello in un fondo preparato come previsto dalla ricetta, in modo che si formi uno strato protettivo che ne trattenga i grassi, i succhi. Una volta rosolata, si trasferisce la carne nel forno già caldo o la si lascia sul fornello, abbassando la fiamma per farla cuocere con gli stessi tempi indicati per la cottura nel forno, irrorandola di tanto in tanto con il fondo di cottura. Volendo far rosolare la carne direttamente nel forno, basta regolare la temperatura a 200° per i primi 15 minuti per poi portarla a 180° nel resto del tempo di cottura indicato. Nel caso dell’aggiunta di liquidi, questi andrebbero fatti scivolare lungo il corpo del tegame in modo che arrivano già temperati al sugo di cottura. Per controllare il grado di cottura si infilza la carne nel punto più spesso con uno spiedino e lo si estrae dopo pochi secondi. Avvicinando lo stecchino alle labbra se è tiepido l’arrosto è cotto.
  • Cottura in umido: Vengono cotti in umido gli stracotti, gli spezzatini e i brasati di manzo. Le tre preparazioni hanno in comune il fatto che la carne viene cotta per un periodo prolungato e a fuoco lento. In una casseruola coperta in modo che il vapore che si forma all’interno del tegame non si disperda. Gli stracotti e i brasati, costituiti da grossi pezzi unici di carne di differenziano tra loro  per il fatto che nei primi la carne viene messa a freddo nella casseruola con il liquido e gli aromi previsti dalla ricetta, mentre nei secondi la carne viene rosolata prima dell’aggiunta del liquido di cottura. Nel caso dei brasati, inoltre, la carne andrebbe preferibilmente lasciata marinare per 5-6 ore prima della cottura. Durante la cottura il pezzo di carne va girato spesso (con 2 cucchiai o con 2 palette per evitare di bucarlo e fare uscire i succhi) e irrorato con il fondo di cottura. Gli spezzatini si preparano tagliando la carne a dadini della stessa dimensione (in modo che la cottura avvenga in modo uniforme), per farla poi rosolare in un soffritto, aggiungendo quindi pomodori pelati o concentrato di pomodoro diluito con brodo facendola cuocere a tegame coperto, mescolando di tanto in tanto.
  • Bollito: Il bollito può essere preparato solo con care di manzo oppure, nel cosiddetto “bollito misto” con carni  di manzo, vitello e gallina. La carne va immersa in acqua caldissima (3 litri per ogni Kg di carne) precedentemente fatta bollire con verdure e aromi leggermente salata. Durante la cottura, che deve essere lenta e non inferiore alle 3 ore, occorre eliminare con una schiumarola le impurità che affiorano in superficie. Nel caso di bollito misto, occorrerà, per calcolare i tempi di cottura, tenere conto delle diverse consistenze delle carni utilizzate. Per arricchire il bollito misto si possono aggiungere alle carni cotechini, zamponi e lingua di vitello, cotti a parte per non rendere il brodo grasso e torbido.
  • In padella: Adatta in particolare  per tutte le classiche “fettine”, la cottura in padella è di breve durata e avviene di norma nel burro, meglio se chiarificato. Oltre alle fettine i possono preparare in padella il filetto, il controfiletto, le costate, i medaglioni e gli involtini.
  • Frittura: Il metodo delle cotolette impanate. Le fette di carne vanno asciugate con carta da cucina, passate nella farina, nell’uovo, nel pangrattato e messe a friggere nel burro chiarificato, nell’olio d’oliva o in olio di semi ben caldi.
  • Alla griglia: Utilizzata per la fiorentina, la costata o il filetto. La cottura alla griglia prevede che la carne venga preferibilmente tagliata a uno spessore di 2 cm e tenuta a temperatura ambiente , poi venga fatta cuocere più o meno al sangue (a seconda del grado di cottura desiderato) su una padella grigliante caldissima, in modo che si formi subito una leggera protezione atta a bloccare all’interno i succhi. Una volta formatasi la classica rigatura dorata da entrambi i lati, si insaporisce la carne con sale e pepe e si serve a piacere con succo di limone o con un filo di olio extravergine.
  • Alla brace (barbecue): La cottura alla brace detta anche “al barbecue”, si effettua mettendo a cuocere gli stessi tagli indicati per la cottura alla griglia su una graticola posta su un letto di brace composta da carbonella o legno aromatico, come per esempio quello di quercia o di ciliegio. Inizialmente la carne va posta a distanza ravvicinata rispetto alle braci, in modo da farla dorare su entrambi i lati, successivamente si sposta la graticola più in alto  per evitare che le parti grasse della carne prendano fuoco.

SALSE DI ACCOMPAGNAMENTO

La carne di manzo può essere servita accompagnata da una salsa di accompagnamento. La scelta comprende sia salse calde che fredde a seconda del modo in cui è stata cucinata la carne. Per gli arrosti per esempio, in genere viene utilizzato il fondo di cottura della carne che può essere aromatizzato a piacere con del “Madeira” o del “Porto” ma si presta molto bene anche la salsa spagnola o la Worcestershire. Per la carne alla griglia invece è particolarmente indicata la salsa Bernese, così come i burri composti soprattutto quello all’acciuga. Sono tuttavia le carni lessate che richiedono l’accompagnamento di una salsa come ad esempio l’acciugata, se si tratta di carni servite fredde, o come la salsa pearà, la salsa ravigotta, la salsa agrodolce, il Bagnet ross e il Bagnet verd se sui tratta di carne di manzo bollita e servita calda.

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