Logo copiaCon il termine  “Frittura” si intende il cuocere gli alimenti in un grasso caldo (vegetale o animale) portato ad alta temperatura. A temperatura ambiente possono essere solidi o liquidi. I cibi fritti acquistano un carattere dorato e croccante,  assorbono parte dei grassi e quindi risultano più appetibili e consistenti, specie alcuni tipi particolari di alimenti come le patate, i molluschi e alcuni pesci.  La frittura è un metodo diffuso in tutto il mondo dalle origini antichissime infatti da documenti risulta che veniva già usata nell’antico Egitto nel 2500. Nell’antica Roma si friggevano i cibi sia dolci che salati nell’olio di oliva. Una delle tante ricette del periodo arrivata sino ai giorni nostri è la “Frictilia” un dolce che veniva preparato nell’antica Roma, probabile antenata delle attuali “Chiacchiere di carnevale” La maggior parte della popolazione consumava pasti per strada dove esistevano bancarelle o locali semi aperti detti “Tabernae” dove si vendevano cibi fritti come patate, frittelle e salsicciotti. Come già detto nell’antica Roma si friggeva prevalentemente nell’olio di oliva, ma veniva usato anche lo strutto. Nel Medioevo invece prevaleva la frittura di quest’ultimo. Nel Nord dell’Italia per la ricchezza di allevamento bovino era più usato il burro.

Una corretta frittura la si ottiene quando il cibo è immerso in un bagno d’olio che, raggiunta una temperatura di 160-180°C, provoca l’evaporazione dell’acqua superficiale (da qui la formazione della famosa crosta dorata) e la cottura omogenea della parte interna dell’alimento. Spesso si cade in alcuni errori che più o meno tutti compiono, e cioè, si tende a frigge in poco olio e con molto cibo per volta, magari congelato, il quale raffredda il bagno rallentando cosi il processo di cottura. In queste condizioni si provoca un maggiore assorbimento di olio da parte del cibo che stiamo per friggere.

Questa cottura può avvenire:

  • Per immersione: dove l’alimento viene totalmente immerso nel grasso di cottura. Normalmente viene fatta in friggitrice;
  • In padella: Lo In questo tipo di cottura il grasso deve raggiungere circa la metà dell’altezza dell’alimento, pertanto andrà rigirato a metà cottura.
  • Saltata: È la cottura fatta, con solo un filo di olio o di burro fuso, tanto quanto basta a foderare il fondo della padella

Dato l’alto contenuto in grassi, gli alimenti fritti vanno consumati con moderazione, soprattutto per chi ha problemi cardiovascolari e di fegato. La quantità di grasso assorbita durante la frittura varia da grasso a grasso. Durante la cottura per via del calore la materia grassa si ossida, quindi si deteriora e può generare sostanze tossiche, soprattutto quando viene superato il punto di fumo. Per questo motivo il grasso utilizzato non va usato troppo a lungo e tantomeno rabboccato altrimenti il grasso aggiunto si deteriora più facilmente.

Quale grasso scegliere per una buona frittura? spesso questa è la domanda di rito. Per scegliere il tipo di grasso da utilizzare dobbiamo vedere i diversi aspetti e le proprietà organolettiche di questi. La prima qualità che un grasso deve avere per la frittura è la stabilità. E’ molto importante che non venga mai raggiunto il “punto di fumo”.  Il punto di fumo non è altro che la temperatura massima raggiungibile da un olio prima che questo inizi a bruciare e a decomporsi rilasciando sostanze tossiche. La formazione di queste sostanze tossiche dipendono principalmente dalla temperatura ed esposizione al calore, dalla concentrazione di acidi grassi polinsaturi e dal punto di fumo. Gli oli che contengono grandi quantità di acidi grassi polinsaturi non devono essere utilizzati per le fritture infatti questi oli se sottoposti ad alte temperature diventano instabili producendo residui nocivi per il nostro corpo. Di sotto riporto un elenco che rappresenta il punto di fumo di alcuni dei grassi utilizzati per la frittura:

  • Strutto più di 260 °C
  • Olio di palma “raffinato” 240 °C
  • Olio extravergine di oliva 210 °C
  • Olio di arachide 180 °C
  • Olio di cocco 177 °C
  • Olio di mais 160 °C
  • Olio di soia 130 °C
  • Olio di girasole meno di 130 °C

Come potete notare dalla tabella soprastante i tanto pubblicizzati oli di semi sono molto in basso nella scala della stabilità ad eccezione dell’olio di palma raffinato e quello di arachide.

Nel resto di Europa sulle confezioni di olio di semi viene riportata la raccomandazione a non usarlo per tale scopo (talvolta la scritta sull’etichetta può essere sostituita da un simbolo raffigurante una padella con una croce). Nel nostro paese invece questa normativa non esiste, per cui lo stesso olio che altrove si raccomanda di non portare alle alte temperature, da noi viene normalmente usato proprio per friggere. Tra gli oli non raffinati il punto di fumo più alto è registrato dall’olio extravergine d’oliva (210 gradi) che quindi è il più adatto per friggere  sotto tutti i punti di vista, ma è anche vero che conferisce all’alimento fritto un suo specifico sapore che molti amano e alcuni no. Chi non gradisse l’aroma dell’olio di oliva può ripiegare su due qualità di olio di semi:  quello di palma e quello di arachide.

Per quanto riguarda invece i grassi animali, lo strutto è quasi scomparso dalle nostre cucine e non è una perdita grave, specialmente per il nostro fegato e soprattutto per le nostre arterie, tutto questo a discapito però del gusto. Per quanto riguarda il burro invece va bene solo per alcune fritture dette “Saltate” a patto però che venga prima chiarificato. Chiarificare non fa parte delle operazioni snob dell’alta cucina, ma è un procedimento utile per chi debba friggere a lungo un alimento nel burro ed evitare quindi che le preparazioni assumano odore e un sapore sgradevole. Il burro sostanzialmente è composto da una parte grassa e una parte proteica (la caseina), alle alte temperature (cioè a quelle indispensabili per la frittura) la caseina brucia facendo diventare nero il burro e l’alimento, che avrà sapore e aspetto di bruciato più che di fritto. La chiarificazione altro non è che la separazione della parte proteica dalla parte grassa. La parte grassa reggerà bene il calore mentre la proteica elimina non darà più problemi.

Come abbiamo già specificato le fritture devono essere fatte sempre in olio caldo. Ma per fare questo bisogna sapere quanto deve essere caldo. La temperatura di cottura varia a seconda dell’alimento che dobbiamo friggere e con il tipo di frittura che intendiamo utilizzare. La cottura per immersione o in padella va da un minimo di 140° a 180°. Se utilizzate una friggitrice ci si può regolare con il termostato ma se non la utilizzate??? Avete due sistemi per sapere se il grasso ha la temperatura giusta, o comprando un termometro ad immersione, il vecchio metodo della mollica di pane che consiste nel buttare nell’olio un dadino di pane e calcolate il tempo che impiega a dorarsi: prima si dora più è caldo l’olio. Bisogna inoltre calcolare il fatto che al momento che aggiungete un nuovo alimento la temperatura si abbassa dai 30 ai 40 gradi in meno pertanto bisogna mantenere la temperatura più costante possibile. Si tiene a bollore l’olio a fiamma bassa e si alza al massimo  al momento in cui immergiamo l’alimento in modo che la temperatura si riporta subito a quella ottimale.

 Alcuni alimenti vengono fritti al naturale, ma tante volte un alimento prima di iniziare la cottura ha bisogno di essere “protetto” dall’eccessivo calore. La protezione può essere:

  • Infarinatura: L’alimento viene passato nella farina in modo da risultarne foderato. La farina aderirà grazie all’umidità intrinseca a ogni alimento. Non è necessario esercitare pressione, basta passarlo leggermente cercando di farlo immediatamente prima della frittura altrimenti la farina si secca conferendo al fritto un aspetto non prettamente omogeneo, ricordando di scuotere per eliminare quella in eccesso.
  • Impanatura:  Avviene passando l’alimento da friggere prima nell’uovo sbattuto e poi nel pane grattugiato, che può essere al naturale o o aromatizzato (condito con aglio, prezzemolo, parmigiano o spezie varie). Possiamo anche utilizzare la farina, prima di passarlo nell’uovo, in questo modo la farina seccandosi farà si che la impanatura anche se l’alimento non viene fritto subito rimanga ben compatta.
  • Impastellatura: La pastella per fritti è un composto di base molto importante per friggere. Esistono diversi tipi di pastella a seconda del tipo di alimento che dobbiamo friggere.  Può essere di sola acqua e farina, oppure di birra e farina ecc. ecc.

 Ricapitolando la leggerezza dell’olio di semi è solo una balla degli industriali del settore, favorita dall’effetto psicologico della mancanza di colore dell’olio di semi. La neutralità cromatica dell’olio di semi, infatti, favorisce l’associazione con l’idea di purezza e leggerezza. Invece il grasso più leggero è l’olio extravergine di oliva. A differenza dell’olio vergine ed extravergine di oliva che per le norme vigenti deve essere ottenuto solo con procedimenti meccanici, gli oli di semi invece vengono sottoposti a diversi passaggi chimici prima di poter essere commercializzati. Uno solo fa eccezione: l’olio di arachidi, estratto per spremitura il quale può non richiedere un ulteriore raffinazione. Gli oli di semi passano attraverso processi come la macinatura e la spremitura da cui si ricava un primo olio grezzo. La massa solida ottenuta viene sottoposta a estrazione con solventi (esano , metanolo, diclorometano), si ottiene una farina mangimistica e dell’altro olio grezzo aggiunto a quello ottenuto in precedenza. Quest’ultimo viene poi raffinato, si abbassa l’acidità e viene sottoposto a decolorazione e deodorazione. La quasi totalità dell’olio di semi reperibile sul mercato si ottiene con processi chimici seguiti da ulteriore raffinazione. Da qualche anno alcune aziende hanno iniziato a produrre oli di semi estratti solo con processi meccanici, naturalmente ad un prezzo molto più alto. Scegliete quindi un olio per la vostra frittura tenendo in considerazione quanto scritto  e soprattutto diffidate delle pubblicità.